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                                             IL SENSO                                         

Canzone Arrabbiata - Nino Rota/ Anna Melato
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           SUGGESTIONE           //           VISIONE          

"Penso che tutta la buona letteratura affronti il tema della solitudine e agisca come suo lenitivo".

David Foster Wallace

 

L'era della solitudine.

Questa (in estrema e perciò discutibile sintesi)

una possibile, esaustiva denominazione della nostra epoca; quella in cui in tutti e in ciascuno sembra emergere

il desiderio di comprensione e di creazione, eppure l'arte langue come non mai e la scienza arranca. 

 

Quel che manca

- nel mondo dell'arte come in tutti i settori d'applicazione dell'intelligenza umana - è la rivalorizzazione sostanziale dei principi di cooperazione e solidarietà.

 

L'individualismo sfrenato

- diretta conseguenza del dominio politico, economico e filosofico dei precetti liberisti - ci ha portati a costruire percorsi artistici singolari e solipsistici, abitati da individui in perenne lotta contro tutti;

milioni di umani preda dell'ossessione d'essere primi, migliori degli altri; miriadi di cervelli che sognano di elevarsi sulle teste dei perdenti per scoprire se

- almeno - il successo dà senso alla vita,

per poi scoprire immancabilmente che no.

 

La gran parte degli artisti ha negli occhi obiettivi vacui, estranei ed esteriori, fabbricati con cura dall'industria della frustrazione, a motore di sempiterna delusione.

 

Auto(r)officina è una realtà artistica che, nel condividere tecniche, pratiche ed esperimenti di narrazione, si oppone soprattutto a questo: alla sottomissione dell'opera d'arte al giogo della competizione. Come antidoto, rilancia l'idea del Collettivo. 

 

Collettivo che riunisca un ampio e variegato numero di artisti disposti ad incontrarsi (periodicamente) per condividere idee, pratiche, strumenti, metodi, contatti, possibilità, percorsi e che si impegnino a produrre opere collettive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

             NECESSITÀ             //       CONTRADDIZIONE         

Se si intende conservare la propria sanità mentale e

– più di tutto – migliorarsi continuamente, l’artista ha bisogno di compagni critici ed entusiasti, di luoghi sicuri, di momenti di confronto e discussione, di studio e sperimentazione costanti.

 

Ha bisogno di tracimare e svuotarsi, (ri)assorbire e colmarsi. Potrebbe far tutto da sé, ma il confine con la follia s’assottiglierebbe sempre più.

 

Da qui, la necessità di creare uno spazio in cui lo studio, la sperimentazione e la discussione intorno all’arte non siano accidentali ma focali. Cominciare a realizzare questa u-topia partendo da una piccola provincia dell’estremo sud come Crotone è chisciottesco.

Per questo è necessario.

                                  IL LABORATORIO - Auto(r)Officina                                

           ESPERIENZA           //           METODO          

L’arte ha solo marginalmente a che fare con l’improvvisazione.

Per la maggioranza d’esseri umani, che non sa partorire dal nulla composizione perfette, esiste un’unica possibilità: imparare a giudicarsi con severa lucidità e poi fare e disfare senza posa, finché l’opera non approda a una forma soddisfacente, potente: in grado cioè di lasciare chiara traccia (pur minuscola, pur momentanea) in chi ne gode.

 

Solitamente, ci si ferma molto prima. Ci si accontenta di opere spuntate e prive di necessità, o si stagna nell’incompiutezza e nell’autocommiserazione. Le opere incompiute rappresentano il buon novantanove percento di tutte le opere d’arte mai immaginate, perché è proprio lungo il percorso del compimento che la stragrande maggioranza degli artisti si perde.

 

Ogni impresa (e quella d’arte non fa eccezione) si realizza con pazienza e con metodo.

 

Svegliarsi di notte per scrivere dodici ore di seguito può servire, qualche volta. Ma la verità è che solo dotandosi di un piano di lavoro si ottengono risultati apprezzabili. La sregolatezza può essere caratteristica del genio, ma è pericolosissima se si aspira a vivere d’arte, ovvero ad diventare (come minimo) onesti artigiani.

 

 

Per scrivere un racconto, un romanzo, una serie, una web serie, un film, un fumetto, una graphic novel, una canzone occorre (in una prima fase) liberare i pensieri lasciando che se ne vadano in giro disordinatamente. Occorre nutrirsi d’altre opere, studiare, discutere, prendere appunti, disegnare, confrontarsi senza pretendere di fissare definitivamente l'idea. "Non affezionatevi a niente" è come un mantra per i maestri d'arte. In particolar modo se parliamo di scrittura. Tutto può e deve essere passibile di variazione o cancellazione. 

È la fase anarchica, dove tutto è ancora possibile e nulla è stato ingabbiato e schematizzato. È vitale prendersi il tempo necessario; giocare e godersi l’ispirazione. Da quanto ci si divertite in questa fase, spesso, dipende il grado di resistenza alla fase successiva, quella dell’organizzazione sistematica. Si tratta del momento in cui occorre dare forma compiuta anche alla più delirante delle follie.  Solo in questo modo l’esperienza risulterà utile oltre che piacevole; solo così sarà possibile trasformare un generico “laboratorio di scrittura” in un luogo-momento che sia centrale e fondante nella propria formazione.


Ciascuno dei partecipanti sarà chiamato – fin da subito – a presentare il progetto di un'opera (per quanto vaga, rozza, appena accennata). Nel corso del primo mese, tutti saranno chiamati a giocare con i pensieri, le parole, le forme; a stravolgere e trasformare le opere mescolando generi e ambientazioni. La fantasia dovrà poter correre libera, rispettando l’unico vincolo dei tempi di consegna.

 

Nella seconda parte dell’esperienza, dopo l'autentica sperimentazione, ognuno sarà chiamato a definire la forma migliore per la sua opera e cominciare il lavoro di rifinitura. Una volta approdati alla forma, gli allievi dovranno procedere con metodo e rigore - nella maniera più corale possibile - alla definizione e alla ridefinizione del contenuto, fino al raggiungimento di una soddisfacente prima stesura.

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